Consorteria dei Robaldini

Cenni storici

La Neustria collocata in buona parte dell’attuale nord-ovest d’Italia, non fu da meno, nell’attuale provincia di Cuneo con l’avvento dell’Ardoinici in Piemonte, con Roggero e Ardoinoe il loro cliente[1] Alineo poi visconte si consolidò quella consorteria viscontile originaria della zona di Velay della Provenza, si stabilì nel comitato dell’Auriate ed ebbe Signoria in Bredulo, Sarmatorio, e Roccavione, si tratta dei Robaldini.

 

La consorteria Robaldinica o Alineidi si insedia nell’attuale provincia di Cuneo con Alineo figlio di Robaldo, cliente[2] di Ruggero ed Arduino II° germani, pronipoti di Engelberto che sposò Berta figlia di Carlomagno appartenenti al ceppo degli Arduinici da cui provenivano i duchi di Borgogna, Re di Provenza e d’Italia, giunsero nel 880 circa dalla Neustria, accompagnati dal loro fedele Alineo[3].

 

I Robaldini signoreggiarono in numerose terre delle valli del Tanaro e dello Stura e in particolar modo nella contea dell’Auriate. Con Alineo I° si ha inizio la stirpe dei Robaldini egli era figlio di Robaldo milite di Carlo II che nel 855, fu portabandiera di Rognaldo o Rinaldo, duca del Maine, combattè contro i Normanni nella località di Les Damps presso Pont-de-l’Arche, morì in una imboscata tesa alle milizie del Duca[4].

Sul finire dei secoli XI e XII si stabilirono elementi signorili nel comune di Alba, tra i quali i Robaldini, una consorteria familiare che discendeva da Alineo I° figlio di Robaldo con possedimenti principali in Savignano, Sarmatorio, Romanisio, mentre fuori il compensorio di Alba, Manzano, Barolo, Monforte e Novello, oltre altri numerosi centri dove sono commisti ad altre consorterie quali Aleramici denominati successivamente Marchesi del Vasto, i Castagnole e i Monale[5].

In un documento manoscritto del 904 in copia autentica conservato presso i Padri Camaldolesi di Cherasco, risulta che il marchese Olderico Manfredi avrebbe ceduto il castello di Caraglio a Alineo II° e a suo fratello Robaldo II° con 300 jugeri di selve fino alle rive del Macra nel Busca.[6]

Tale documento fu poi trascritto in italiano dell’Adriani, ma non risulta riportare la data del 904, ma quella del 5 marzo 984 inquanto Robaldo II° figlio di Alineo I°, nel 986 fu chimato da Arduino a espugnare la fortezza Saracena di Frassineto ai confini della Provenza.

A prova dell’esistenza di tale documento si cita quello del 5 marzo 984 con il quale il marchese arduinico Manfredi I° donò ad Alineo e Anselmo fligli di Robaldo “le castella ed i luoghi di Caraglio e di Cervere con tutta la selva di 300 jugeri che dai confini di Caraglio era distesa alla Macra fino a Brusca.

 

La tavola genealogica tratta da “Degli antichi signori di Sarmatorio, Manzano e Monfalcone, indi degli Operti fossanesi. Memorie storico-genealogiche corredate di documenti inediti”[7]

 

Serie Genealogica dei Signori di Sarmatorio

Robaldo I°

Capostipide della genealogia, padre di Alineo I° aveva il titolo di milite[8] e professava la legge salica, è lecito ritenere che Robaldo fosse uno dei cavalieri di Carlo II chiamato il Calvo, figlio minore di Ludovico il Pio, che nella divisione del regno fatta dai fratelli nell’anno 843 nel trattato di Vendun conservò l’Aquitania, e la Neustria francese che divenne poi Normandia.

Non si hanno ulteriori informazioni su Robaldo, ma è certo che nel 855, fu portabandiera di Rognaldo o Rinaldo duca del Maine, combattè contro i Normanni nella località di Les Damps presso Pont –de- l’Arche, morì in una imboscata intorno all’anno 890 tesa alle milizie dello stesso Duca[9]

 

Robaldo

 

Alineo I°

 

Robaldo II°

                                                                 I          I

Anselmo    Alineo II°

          I

           Robaldo III°    Abellono     Aicardo [10]

 

Furono questi Signori di Savigliano, Streppe, Marene, Fontane, Montecapreolo, S. Gregorio, Monfalcone Cervere Villamairana, Ricrosio, Sarmatorio, Romanisio, Quaranta, Caraglio, Surzana, Vignolo e Roccavione. Succedettero al padre Alineo III° dopo il 1018, come si evince in particolare dai due atti di fondazione del monastero di San Teofredodi Cervere e di San Pietro di Savigliano.

Numerosi sono anche gli storici che riconoscono questo dato, come ad esempio il Terraneo che nella suo saggio l’Adelaide illustrata nella parte II a pag. 140 afferma che “Robaldo fu uno dei fratelli di Abellono, figlio di Alineo”.

 

 

 

I feudi

 

Roccavione

Nel diploma imperiale di conferma dei territori del comitato di Bredulo (1041) compare come Rocha Corvaria. In questo caso la moderna storiografia riconduce il toponimo al nostro luogo poiché citato tra le dipendenze dell'abbazia di S. Dalmazzo, di seguito ad insediamenti limitrofi, tra la val Stura e la val Vermenagna. Fin dalle prime attestazioni certe il toponimo richiama la configurazione di un insediamento incastellato ("Rocca", "Rupe"), di cui si ha certezza documentaria a partire dal 1163.

Nel XII secolo in Val Vermenagna si avvicendano potenti signori locali: marchesi del Monferrato, di Saluzzo, oltre all'abbazia di S. Dalmazzo e all’autorità del vescovo di Asti.

Roccavione ha una tradizione di famiglie feudali, che avrebbero già potuto concedere alcune franchigie se non statuti veri e propri. L'assenza dei codici infatti non consente di stabilire l'epoca precisa di fondazione del comune.

Roccavione è tra le località che il diploma imperiale a favore del vescovo di Asti inseriva nei domini "inter Tanagrum et Sturam". Si caratterizza per la vivace presenza di signori locali, potenti in beni terrieri, che utilizzano per creare reti di alleanze e sostanzialmente giocare un ruolo politico rispetto al principato ecclesiastico, autorità sovralocale, a cui i loro domini sono direttamnte soggetti. Così tra XI e secolo XII si garantiscono la protezione militare di Tenda (1198) e sottopongono i loro beni e diritti nel luogo e in quelli di Robilante, Vernante e Limone all'abate di S. Dalmazzo (1151, maggio 25) [RIBERA 1929, ]. Nel secolo XIII Roccavione rientra tra i domini interessati dall'espansione dei marchesi di Saluzzo.

Un ramo della consorteria dei Robaldinica i Druda visconti dell’Auriate, già signori di Romanisio e signori di Roccavione nel XII secolo[11], come da diploma di emancipazione di alcuni servi della gleba da parte dei marchesi di Saluzzo fra cui sono presenti fra i testimoni visconte Guglielmo de Druda e il servi dei Roberto de Druda.

 



[1]Il conte Umberto I° (Biancamano) e il re Ardoino 1884 di Domenico Carutti

[2] Monumenta Novaliciensia vetustoria raccolta degli atti e delle cronache riguardanti l’Abbazia di Novalesa a cura di Carlo Cipolla in Istituto storico italiano fonti per la storia d’Italia palazzo dei lincei Roma vol. II pag. cap. IX pag.249

[3] Patrucco

[4] Etudes comte de pari et Roi de France (882-898) cap.II, pag. 18 in Bibliothèque de l’ècole des Hautes ètudes 1893 di Favre

[5] Corsa genealogica fra le grandi famiglie dell’alto medioevo italiano. Robaldini ed Ansarici, Bene Vagienna, Tipografia Francesco Visso, 1938 di Pierro Brayda di Soleto.

Degli antichi signori di Sarmatorio, Manzano e Monfalcone, indi degli Operti fossanesi. Memorie storico-genealogiche corredate di documenti inediti 1853 G.B. Adriani

[6] Trascritto in un manoscritto dell’abate Giuseppe Muratori di Fossano dal titolo Veteris nobilique de Opertis historiae genealogicae probationes, tradotto poi in italiano dall’Adriani, ma senza accluderlo nel suo indice analitioco e cronologico per servire la storia di Cherasco del 1857, tale manoscritto è oggi esistente presso la biblioteca Adriani in Cherasco con il titolo Dominorum Manciani Sormatorii atque Montisfalconi Monumenta E veteribus mss. codici bus Nunc primum collecta et notis illustrata cura ac studio Iohanni Baptistae Hadriani Clarascensis A. a V. P. MDCCCXLVIIII

[7]Una costruzione documentaria: G. B. Adriani e Degli antichi signori di Sarmatorio, Manzano e Monfalcone, indi degli Operti fossanesi di Paola Guglielmotti [A stampa in L’opera di Giovan Battista Adriani fra erudizione e storia, a cura di D. Lanzardo - F. Panero, Cuneo 1996 (Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, Storia e storiografia, 10), pp. 71-80 © dell’autrice – Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”]

Il cheraschese Giovan Battista Adriani ha appena ventiquattro anni quando nel 1847 pubblica il suo contributo Degli antichi signori di Sarmatorio, Manzano e Monfalcone, indi degli Operti fossanesi. Memorie storico-genealogiche corredate di documenti inediti, in una sede prestigiosa, le Narrazioni sulle Famiglie Nobili della Monarchia di Savoia curate da Vittorio Angius1. Ha compiuto nella sua città natale i primi studi presso i padri della congregazione di Somasca, di cui entra a far parte in giovane età. La sua esperienza professionale è per ora limitata a un anno di insegnamento di storia e geografia presso il Regio Collegio Militare di Racconigi. Proprio il suo precoce lavoro di genealogista facilita la sua nomina a socio della Regia Deputazione di Storia Patria nel 18512 e poi l’incarico onorifico, affidatogli nel 1852 dal governo sardo, di reperire in archivi e biblioteche della Francia meridionale documenti relativi alla storia subalpina3. Tuttavia, già nel periodo della raccolta del materiale per il suo primo contributo, Adriani appare inserito, anche grazie al suo committente, nel gruppo degli eruditi piemontesi che stanno attendendo alla raccolta di fonti e all’elaborazione di ricerche attinenti la regione subalpina e soprattutto il suo passato medievale.

Vediamo a quale criterio è ispirata la densa ricostruzione (che si dipana per più di 550 pagine) delle vicende di uno dei più cospicui gruppi signorili subalpini dell’età medievale – tra i non titolari di uffici pubblici in età carolingia e postcarolingia – e delle sue prosecuzioni familiari fino agli anni più vicini all’autore. La prima sede in cui la ricerca di Adriani appare – è infatti ristampata nel 1853 come volume autonomo4 – ne condiziona inevitabilmente l’impostazione: si vuole individuare un progenitore molto antico e fornire poi, si direbbe a tutti i costi, linee di 1 Nel vol. IV/2, presso la Tipografia Fontana e Isnardi, Torino 1847, pp. 973-1524.

2 Sui primi anni di vita di questa istituzione si veda G. SERGI, Dimensione nazionale e compiti locali della Deputazione Subalpina di Storia Patria e della Storiografia Piemontese, in Storia locale e storia nazionale, Atti del Convegno di L’Aquila, 2-5 dicembre 1987, a cura della Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi), L’Aquila 1992, pp. 97-101. 3 Per queste e altre informazioni bio-bibliografiche su Adriani, oltre ai contributi presentati in questo volume, rinvio a A. MANNO, L’opera cinquantenaria della R. Deputazione di Storia Patria di Torino. Notizie di fatto storiche, biografiche e bibliografiche sulla R. Deputazione e sui deputati nel primo mezzo secolo dalla fondazione, Torino 1884, pp. 128-130; E. DERVIEUX, L’opera cinquantenaria della R. Deputazione di Storia Patria di Torino. Notizie di fatto storiche, biografiche e bibliografiche sulla R. Deputazione e sui deputati nel secondo mezzo secolo dalla fondazione, Torino 1935, p. 93; L. TETTONI, Il professore Commendatore Giovanni Battista Adriani. Cenni biobibliografici estratti dalla vita letteraria del Conte Cibrario, Torino 1872; A. PETITTI DI RORETO, Vercelli nel Museo civico G. B. Adriani di Cherasco, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», (1925), 27, pp. 157-159; F. BONIFACIO GIANZANA, Vita e opere di Giovan Battista Adriani, in «Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della Provincia di Cuneo, (1981), 84, pp. 37-45, che ha tra l’altro potuto utilizzare A. M. STOPPIGLIA, P. Adriani D. Giovanni Battista - storico insigne (1823-1905), Genova, Sc. Tip. Derelitti, 1933 (ringrazio Francesco Bonifacio Gianzana che mi ha chiarito – avvalendosi delle sue ricerche sulla documentazione di quest’ordine religioso – due informazioni apparentemente contrastanti: Adriani prende i voti semplici il 3 agosto 1841 – cioè a 18 anni – e nel 1848, come è tuttora prassi presso quest’ordine religioso, li ripete in maniera solenne e definitiva); I. M. ADORNO, Un «giallo storico». L’edizione ottocentesca degli “statuti antichi” del Comune di Vercelli, in «Rivista di Storia del diritto Italiano», 66 (1993), pp. 491-511. Relativamente all’incarico di reperimento di documenti si può leggere la relazione Sopra alcuni documenti e codici manoscritti di cose subalpine od italiane conservati negli archivi e nelle pubbliche biblioteche della Francia meridionale, con un cenno delle principali antichità di quella contrada, Unione tipografico-editrice, Torino 1855.

4 Variando solo la paginazione, ora autonoma, presso la Tipografia di Giuseppe Cassone, con l’aggiunta di un “Indice delle cose più notabili”: nelle note successive la semplice indicazione di pagina rinvierà a questa edizione. Un caso analogo è quello di E. MOROZZO DELLA ROCCA, Degli antichi signori di Morozzo e dei conti di esso luogo, diMagliano, e San Michele, marchesi di Roccadebaldi e Bianzè ecc. ecc. Memorie storico genealogiche corredati di documenti inediti, in origine nel vol. IV dell’Angius, pp. 329-536, e poi ristampato dalla medesima tipografia nel 1858. 2 discendenza complete e ordinate, scartando consapevolmente altri modi di ricercare e organizzare le fonti. Soffermiamoci allora, in primo luogo, sulla documentazione usata, e constatiamo positivamente lo sforzo di raccogliere proprio tutte le fonti scritte disponibili: non solo perché utili a ripercorrere ciascuna linea di discendenza, ma anche per una nozione di completezza – non sappiamo quanto consapevole da parte dell’autore – che sola consentirebbe, a un’indagine condotta con ambizioni differenti da quelle meramente genealogiche, l’individuazione dei problemi che condizionano i diversi sviluppi familiari5. Adriani può con agio accedere a tutti documenti medievali di storia subalpina già editi o in corso di pubblicazione, soprattutto negli Historiae Patriae Monumenta, e fruire di molti inediti grazie al prestigio del compito affidatogli. E soprattutto ha anche modo di consultare proprio l’archivio della famiglia Operti di Guarene e il dossier documentario presentato per le procedure di nobilitazione condotte nel 17926.

Sottolineiamo però un’esclusione, in un certo senso anch’essa inevitabile, attuata nella raccolta del materiale: è minimo l’interesse per eventuali reperti archeologici e per i resti materiali di antichi edifici, nonostante l’indubbia conoscenza della zona. Ma su una lapide del 1064 concernente i signori di Sarmatorio e i loro epigoni, già perduta al tempo di Adriani che pure ce ne fornisce il testo, grava il solido sospetto che sia parto di un informatore del nostro autore o del nostro autore medesimo, dal momento che è indispensabile a saldare una generazione all’altra7.

Veniamo alle «autorità», agli storici e agli eruditi precedenti e coevi, cui Adriani si richiama, ciò che può tra l’altro farci comprendere forse su quali testi egli aveva compiuto la sua preparazione di studioso, ma sicuramente quali erano le ricerche di storia subalpina che avevano maggiore circolazione e di cui comunque chi partecipava all’impresa dell’Angius doveva necessariamente tener conto. Questi studiosi attivi tra Sei e Settecento, i cui nomi poi ricorrono nelle parti medievali del contributo, sono citati in gran parte in una sorta di premessa8: si tratta in primo luogo di Gian Tommaso Terraneo, qualificato come «padre... della storia subalpina», e poi di Gioffredo e Francesco Agostino Della Chiesa (autore Delle dodici famiglie nobili di Fossano – Degli Operti, rimasto manoscritto e a cui Adriani largamente attinge)9, di Delfino Muletti per l’ambito saluzzese, di Francesco Voersio, autore della secentesca Historia compendiosa di Cherasco, degli storici fossanesi Giovanni Antonio Negri (Dell’origine, fondatione, qualità e stato di Fossano ecc.)10, e Giuseppe Muratori (autore di Veteris nobilique famigliae de Opertis historiae genealogicae probationes, rimasto manoscritto e consultato da Adriani)11. Sono poi ricordati con una certa frequenza Pingone, Guichenon, Moriondo, Novellis, Grassi di Santa Cristina, Casalis, e 5 È tra l’altro tale la suggestione di questa completezza da condizionare - senza che si concepisca di ricercare nuove fonti e nuovi approcci - anche chi da genealogista si porrà criticamente verso il genealogismo degli storici delle generazioni precedenti: sull’opera citata alla nota successiva si veda G. SERGI, I confini del potere. Marche   signorie fra due regni medievali, Torino 1995, p. 142n, che la giudica «quasi anacronistica per impostazione e strettamente legata alle conclusioni dei genealogisti dell’inizio del secolo».

6 Desumo quest’informazione da P. BRAYDA DI SOLETO, Corsa genealogica fra le grandi famiglie dell’alto medioevo italiano. Robaldini ed Anscarici, Bene Vagienna, Tipografia Francesco Visso, 1938, pp. 17-18, che cita le Prove di nobiltà della famiglia Operti di Guarena patrizia di Fossano fatte avanti l’eccellente. R. Camera de’ Conti, Torino, Giuseppe Ghiringhello.

7 Citata a p. 271: sarebbe stata posta sul sepolcro di Robaldo, figlio di Alineo e il cui testo sarebbe stato trasmesso ad Adriani – stando a quanto l’A. ci dice – dal cavalier Melchiorre Rangone Malherba di Montelupo, presidente negli ultimi anni del Settecento «nel consiglio di Stato e de’ memoriali» (p. 42) di solito connesso alle falsificazioni operate da Adriani; cfr. BRAYDA DI SOLETO, Corsa genealogica cit., p. 16, 52. A pp. 41-42, citando una ipotetica donazione al monastero di Pedona, Adriani chiarisce quasi esplicitamente come le «informazioni» fornite dal cavalier Rangone siano da equiparare, per attendibilità, a quelle date dal preposito Meyranesio, su cui oltre, nota 14 e testo corrispondente. 8 Pp. 5 sgg. 9 Sul primo di questi autori (p. 6) si veda A. BARBERO, Corti e storiografia di corte nel Piemonte tardomedievale, in Piemonte medievale. Forme del potere e della società. Studi per Giovanni Tabacco, Torino 1985, p. 253-255 e 274- 276 e L. PROVERO, Dai marchesi del Vasto ai primi marchesi di Saluzzo. Sviluppi signorili entro quadri pubblici (secoli XI-XII), Torino 1992 (Biblioteca storica subalpina, 209), passim, e sul secondo (cfr. pp. 398 e 406) le brevi osservazioni in op. cit., p. 14. 10 Torino 1650.

11 BRAYDA DI SOLETO, Corsa genealogica cit., p. 16. 3 altri ancora (come osserviamo da note molto diligenti12), tra cui anche noti falsari, quali l’Ughelli13 e soprattutto il canonico Meyranesio14. Ma non manca rinvio anche ai rinnovatori degli studi storici nel secolo precedente, Ludovico Antonio Muratori15 e Jean Mabillon16. Adriani si innesta comunque senza problemi in quel filone storiografico che opta per una ricostruzione delle vicende patrie in chiave prevalentemente dinastico-genealogica. Questa tendenza storiografica si è andata più nettamente affermando da metà Settecento, con accentuazioni diverse a seconda degli autori, e con speciale e comune attenzione per la vicenda della famosa contessa arduinica: fino a sconfinare nell’ossessione storico-antiquaria, come nell’Adelaide illustrata del Terraneo (1759)17. Torneremo su questo punto.

Tra gli autori che Adriani cita troviamo anche Jacopo Durandi, ma limitatamente all’uso che questi fa di taluni documenti18. Adriani non tiene infatti conto della proposta avanzata già settant’anni prima dall’autore del Piemonte cispadano antico19: della generazione di Ludovico Antonio Muratori, questi si era mosso in un fertile filone di descrizione del territorio che coniugava morfologia e storia, osservando proprio l’ininterrotta trasformazione di un’area ben definita, con consapevolezza delle specificità di ciascun periodo20. La prima sede editoriale del lavoro sui Sarmatorio probabilmente non pare opportuna all’autore per ripercorrere la storia di un territorio sotto la specie della narrazione di un’articolata vicenda familiare, ma non è del resto difficile rilevare lo scarso interesse di Adriani stesso per l’evoluzione complessiva di un territorio.

Ciò premesso, si tratta di un’opera scritta di getto. Ce ne avvertono in primo luogo la giovane età di Adriani al momento della redazione, le molte ripetizioni e almeno una rapida notazione, nel testo stampato nel 1853, in cui l’autore corregge «qualche congettura» precedentemente avanzata21: e ciò ci suggerisce come parti del testo fossero andate in stampa subito dopo la loro prima stesura.

L’ampio corredo documentario, strumento utile per i contemporanei che non disponevano ancora, ad esempio, delle edizioni dei libri verdi della chiesa di Asti e del comune di Fossano, rende adesso faticosa la lettura, specie laddove del medesimo documento siano dati tanto il testo latino quanto la traduzione italiana22. Al di là delle forzature interpretative in senso genealogico, questi documenti sembrano poi proposti per quanto «naturalmente» ci raccontano: il commento che non sempre li correda si colora soprattutto di moralismo, con inevitabili ricadute retoriche a livello della narrazione23, cosa peraltro comune alla storiografia del periodo. Inoltre è difficile muoversi attraverso questo mezzo migliaio di pagine se non facciamo ricorso agli indici e alle tavole genealogiche che ci fanno districare tra una matassa di fili familiari ora lasciati, ora ripresi, e di 12 Ad es. p. 161. 13 Ad es. p. 35 e p. 293, relativamente ad atti del 969 e del 1028 che però non destano sospetti.

14 Ad es. a p. 23, quando di quest’ultimo cita addirittura «un ragionamento inedito» sui due franchi venuti in Italia al seguito di Alineo, cfr. oltre, nota 27 e testo corrispondente; p. 28. 15 Ad es. a pp. 42-43, 107, 113, 246, 255, 279, 284, 304, 350, 374, 380, citando tanto le Antichità estensi, quanto le Antiquitates Italiae. 16 Ad es. pp. 272, 276. 17 Su questo secondo filone si veda esaurientemente op. cit.

18 Ad es. a p. 36, di cui però riprende la citazione di un atto del 956 (dal testo citato alla nota successiva) palesemente falso; o p. 141, relativamente alla fondazione di S. Pietro di Savigliano nel 1028 ad opera di Abellono figlio di Alineo, ma non l’Alineo, corregge Adriani, capostipite dei Sarmatorio.

19 Torino 1774: su questo e altri lavori dello studioso si veda D. GRIBAUDI, Jacopo Durandi ed il suo contributo alla corografia storica del Piemonte, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», 36 (1934), pp. 353-378.

20 R. BORDONE, Spunti archeologici nelle descrizioni erudite fra Sette e Ottocento, in Medioevo rurale. Sulle tracce della civiltà contadina, a cura di V. FUMAGALLI e G. ROSSETTI, Bologna 1980, pp. 139-154 e per la specifica situazione piemontese R. COMBA, Spunti per una storia del territorio e dell’economia piemontese nell’opera di Angelo Paolo Carena (1740-1769), in «Studi piemontesi», 9 (1980), pp. 95-100; cfr. anche E. ARTIFONI, La contessa Adelaide nella storia della medievistica, in La contessa Adelaide e la società del secolo XI, numero speciale di «Segusium», 29 (1992), 32 (Atti del convegno di Susa, 14-16 novembre 1991), pp. 14-15. 21 P. 298.

22 Come ad esempio per l’atto del cittadinatico astigiano, giurato dai signori di Manzano, Sarmatorio e Monfalcone nel 1198, riportato prima in italiano e poi in latino, pp. 363-370.

23 Cito per tutti il commento alla condotta di Giovanna, regina di Napoli: «Intanto dopo la morte dell’infelice re Andrea, ebbe Giovanna successivamente tre altri mariti, a’ quali faceva copia del suo talamo sanguinoso, ma non del trono» (p. 258). 4 vicende familiari ben di rado trattate sincronicamente, anche dopo il trasferimento a metà Duecento nelle villenuove di Fossano e Cherasco. E non è nemmeno agevole comprendere, ad esempio, quali effetti abbia avuto nel concreto agire politico l’affermata ascendenza comune dei signori che si denominano da Sarmatorio, da Manzano e da Monfalcone24. Porto un esempio fra i molti possibili che illustri come la scelta di aprire queste «finestre», che poi abbagliano più che illuminare gran parte del nostro campo visivo, spezzi l’andamento della narrazione. Si deve al Robaldo ascritto al ceppo dei Sarmatorio la fondazione nel 1018 del monastero di S. Teofredo di Cervere: oltre al documento di dotazione sono poi riportati, senza che ciò abbia sempre rilevanza ai fini della ricostruzione genealogica, decine di atti a esso relativi fino al tutto il secolo XV25. Sia detto per inciso che essi sono desunti dagli Archivi di Corte, come dichiara l’autore, che però ammette di averne potuto dare il testo grazie alla trascrizione di un Indice compilato da Padre Isidoro da Parma attuata da Carlo Novellis e poi non utilizzata per la sua storia saviglianese26. Ma a parte il fatto che il lavoro di Adriani è inevitabilmente datato, quale credito dare a queste ricostruzioni, considerato che non si avvertono tensioni interpretative di altro genere, e quale uso possiamo ancora fare del cumulo di informazioni che ci sono fornite?

Circoscriviamo la nostra attenzione al periodo medievale e diciamo onestamente – senza che ciò sembri troppo ovvio – che il lavoro di Adriani è a sua volta da considerare come un documento, testimonianza di un metodo di lavoro tipico del suo tempo, che ha prodotto risultati che non reggono il vaglio della critica attuale. L’autore monta una costruzione documentaria che adesso appare ingenua: il progenitore di coloro che fino a metà Duecento si dicono signori di Sarmatorio è individuato in un Alineo, cliente di due franchi che «de sterilibus montibus» sarebbero arrivati in Italia tra IX e X secolo, come ci racconta il cronista della Novalesa27. Questo Alineo è poi congiunto, in modo congetturale e sulla base di atti di dubbia autenticità, all’omonimo che la più prudente storiografia attuale considera il primo personaggio collegabile a Sarmatorio e di cui abbiamo relativa certezza nelle prosecuzioni familiari, attestato come già defunto nel 101828. Per il primo secolo e mezzo Adriani si fonda infatti sui documenti presentati alla Regia Camera de’ Conti per ottenere la declaratoria di nobiltà dal fossanese Giovanni Antonio Operti: ma mentre questi, a fine Settecento, aveva definito congetture i nessi tra l’uno e l’altro personaggio (e il causidico aveva giudicato le prove «non troppo stringenti»)29, Adriani avalla come certezza la ricostruzione proposta da Operti. Non è questa la sede per entrare in dettagli, ma basti ricordare come già Lorenzo Bertano alla fine del secolo scorso nella sua Storia di Cuneo abbia sollevato seri dubbi su molti di questi documenti30 e come poi, alla fine degli anni Trenta, una simile costruzione sia stata smantellata da Pietro Brayda di Soleto che, in un intervento che ha sì molti limiti di impostazione, ha però dichiarato sospetti o contraffatti molti documenti: sono quelli del 904, 927, 944, 984 (che è uno «sdoppiamento» di quella del 904), 1078, 1095 e 112831. Adriani stesso, del resto, evita di inserire le gran parte di questi atti nell’Indice analitico e cronologico di alcuni documenti per 24 Pp. 51 sgg. 25 Pp. 197-244.

26 P. 244, C. NOVELLIS, Storia di Savigliano, Savigliano 1879, 4 voll. Il materiale non trova posto nel. vol. II, Parte prima, dedicato a “Religione”. Per quanto dichiarata, questa appropriazione del lavoro altrui costituisce un significativo precedente a un’operazione analoga, condotta a spese di Vittorio Mandelli, che aveva trascritto gli antichi statuti vercellesi. In questo caso però Adriani omette di dichiarare la vera paternità del lavoro, pubblicato nel 1876 negli Historiae Patriae Monumenta, sezione Leges Municipales, tomo secondo. Il fatto è stato segnalato più o meno esplicitamente in numerose occasioni, e ricordo ad esempio PETITTI DI RORETO, Vercelli nel Museo civico G. B. Adriani di Cherasco cit.; di recente si veda ADORNO, Un «giallo storico» cit., pp. 491-511, e anche PETRA KOCH, che pure ha trattato il problema di sfuggita: Die Statutengesetzgebung der Kommune Vercelli im 13. und 14. Jahrhundert, Frankfurt am Mein 1995 (Gesellschaft, Kultur und Schrift, Mediävistische Beiträge, 1), pp. 31-32. 27 Nella più recente edizione Einaudi, curata da G. C. ALESSIO, Torino 1982, alle pp. 260-261.

28 Utili spunti sulla tendenza a ricercare progenitori illustri si leggono in R. BIZZOCCHI, Genealogie incredibili. Scritti di storia nell’Europa moderna, Bologna 1994; cfr. anche oltre, nota 35. 29 BRAYDA DI SOLETO, Corsa genealogica cit., pp. 11-49 (la citazione è a p. 29). 30 L. BERTANO, Storia di Cuneo. Medio evo (1198-1382), Cuneo 1898, 2 voll. 31 BRAYDA DI SOLETO, Corsa genealogica cit., pp. 11-49. 5 servire alla storia della città di Cherasco dal sec. X al XVIII, compilato una decina di anni dopo il lavoro sui Sarmatorio e i loro discendenti32. L’ardita teoria genealogica accreditata da Adriani non solo «regala» qualche generazione a ritroso in più ai signori di Sarmatorio, secondo lo schema «tanto più antico quanto più prestigioso», ma collega costoro, ancor più saldamente di quanto non sia constatabile per il secolo XI, alla dinastia arduinica, dal momento che uno dei due franchi sopra citati è un progenitore della comitissa Adelaide. Con operazione forse consapevole, le vicende dei Sarmatorio sono così immesse a pieno titolo nella storia subalpina «maggiore» e inserite nel percorso di una stirpe da cui deriverà la dinastia sabauda. Aderendo al sostrato ideologico dell’opera del Terraneo, Adriani sostanzia vieppiù il «complesso mitico più robusto» della storiografia piemontese dell’Ottocento: «l’orgoglio di una terra che si voleva stabile e unita sotto una medesima dinastia fin dai secoli centrali del medioevo»33. Del resto questo è, non solo per Adriani, procedimento abituale, soprattutto quando la documentazione medievale accessibile appare lacunosa, e si giudica tanto più necessario appoggiare vicende che possono apparire di non molto conto alla storia politica generale e alle azioni dei principali personaggi attivi sullo scenario politico subalpino34. Non mancano però, da parte di Adriani, scelte di onestà nel presentare quel che effettivamente trasmettono gli atti a noi pervenuti, nonostante il tono apologetico di tutta la narrazione: e così prospetta la nascita non legittima di Corrado, citato nel 1277 e appartenente al ramo di coloro che da qualche decennio vivono a Fossano e si cognominano Operti35.

In conclusione, dal lavoro di Giovan Battista Adriani occorre accogliere soprattutto la provocazione a studiare su basi diverse questo potente gruppo signorile, senza scartare, ad esempio, l’ipotesi che qualcuno dei documenti più palesemente falsificati sia costruito sulla base di atti autentici36. Occorre superare il disagio avvertito da tutti coloro che si sono recentemente occupati dei Sarmatorio37: consapevoli che risultati incerti e insicurezze prosopografiche sono, per lo storico dei giorni nostri, comunque risultati positivi38.

32 Raccolti e ordinati a cura di GIOVAMBATTISTA ADRIANI, Torino, Unione Tipografica Editrice, 1857. Ricavo questa informazione da BRAYDA DI SOLETO, Corsa genealogica cit., passim. Adriani palesa comunque la propria capacità di critica, e perciò di consapevolezza dell’operazione che sta compiendo, già nel lavoro sui Sarmatorio, dove ad esempio a p. 272 confuta le proposte relative alla data di fondazione del monastero di S. Pietro di Savigliano avanzate da padre Isidoro da Parma e da Peronino Sereno.

33 ARTIFONI, La contessa Adelaide cit., p. 11; M. FUBINI LEUZZI, Gli studi storici in Piemonte dal 1766 al 1846: politica culturale e coscienza nazionale, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», 81 (1983), p. 130 sg. 34 Si noti tra l’altro come Adriani reputi necessario fornire delucidazioni (spesso ricorrendo a Ludovico Antonio Muratori, sopra, nota 15) su molti aspetti della vita sociale, politica ed economica dell’età medievale e non dia spiegazioni analoghe per i secoli a lui più vicini. 35 Pp. 422-423 e 404 sgg.

36 Questa strada è già stata indicata da F. Gabotto, relativamente all’atto del 984 (pp. 51-52), in Introduzione all’Appendice documentaria al Rigestum Comunis Albe, Pinerolo 1912 (Biblioteca della Società Storica Subalpina 22), p. XVII n., su cui si veda BRAYDA DI SOLETO, Corsa genealogica cit., p. 45. Una recente e buona esemplificazione delle procedure di verifica che occorrerebbe seguire è in L. PROVERO, Revello 1075: il diploma adelaidino per la canonica di S. Maria e la sua interpolazione, in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», 93 (1995), pp. 265-93. 37 R. BORDONE, Città e territorio nell’alto medioevo. La società astigiana dal dominio dei franchi all’affermazione comunale, Torino 1980 (Biblioteca storica subalpina, 200), pp. 304-305, 322-323, 342 e n, 350n, 351n, 357; P. GUGLIELMOTTI, Potenzialità e impulsi del Piemonte sud-occidentale fra il sec. X e il sec. XIII: protagonisti politici e nuclei sociali, in Dai feudi monferrini e dal Piemonte ai nuovi mondi oltre gli Oceani, Alessandria 1993 (Biblioteca della Società di storia, arte e archeologia per le province di Alessandria e Asti, 27), Atti del Congresso internazionale, 2-6 aprile 1990, pp. 68-72, 75; F. PANERO, Insediamenti e signorie rurali alla confluenza di Tanaro e Stura (sec. XXIII), in Cherasco, Origine e sviluppo di una villanuova, a cura di ID., Cuneo 1994 (Da Cuneo all’Europa, 3), pp. 16- 21, 23-29; L. PROVERO, Aristocrazia d’ufficio e sviluppo di poteri signorili nel Piemonte sud-occidentale (secoli XIXII), in «Studi medievali», serie terza, 25 (1994), pp. 600-605, 622, 623. Tutti questi autori considerano la famiglia che va denominandosi «de Sarmatorio» solo a partire dal terzo decennio del secolo XI.

38 A fini comparativi con Adriani è utile la presentazione di uno storico ed erudito di Carmagnola, ben più rigoroso, preposta da G. BANCHIO e G. SERGI (Il contradditorio medioevo di uno storico locale) alla riedizione di R. MENOCHIO, Memorie storiche della città di Carmagnola, Carmagnola 1993 (ed. or. 1890), pp. XXIII-XXXVII

[8] Il titolo di miles era frequente ne documenti antichi e evidenziava la professione e la dignità cavalleresca, non si trattava di un trattamento di cortesia, ma di un merito per delle virtù militari.

[9] Favre cit

[10] Da cui i Druda Signori di Romanisio

[11] A.S.T., Corte, Contado di Nizza, mazzo 51 fasc. 1: c. 44r., 1198 luglio 10

A.S.T., Corte, Contado di Nizza, mazzo 51 fasc. 1: c. 44r., 1198 luglio 10
A.S.T., Corte, Contado di Nizza, mazzo 51 fasc. 1: c. 44r., 1198 luglio 10

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